Con la condanna all’ergastolo di ventiquattro sud americani colpevoli della sparizione e della morte di ventitrè oppositori di origine italiana, la Corte di Appello di Roma ha messo fine a quello che nella storia recente dell’America Latina ha preso il nome di Piano Condor.
Del gruppo di condannati, in molti assenti al momento della sentenza, fanno parte militari e poliziotti di Cile, Bolivia, Perù e Uruguay che sono stati tra i protagonisti di quell’operazione militare che le dittature latinoamericane avevano ideato tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso al fine di mettere fuori gioco gli oppositori, prevedendone il sequestro e l’esecuzione extra giudiziale.
Spicca il nome dell’ex capitano di vascello Jorge Tróccoli, cittadino uruguayano in possesso di passaporto italiano, che attualmente risiede nel nostro Paese e che era presente alla prima udienza del processo nel febbraio del 2015.
Tra gli altri, tutti condannati per omicidio volontario, anche un ex presidente peruviano, Francisco Morales Bermúdez, un ex ministro degli interni boliviano, Luis Arce Gómez, e l’ex ministro degli esteri uruguayano Juan Carlos Blanco. La sentenza ha suscitato profonda emozione tra i familiari delle vittime e le autorità latinoamericane presenti al momento della lettura.
Giunto a Roma per l’occasione il segretario della presidenza uruguayana Miguel Toma, che ha ricordato l’importanza dell’accaduto per le vittime alle quali finalmente viene resa giustizia.
Tra le autorità che hanno assistito all’ultima udienza finale, anche il vice ministro boliviano della giustizia, Javier Moncada, presente per sostenere la battaglia contro l’impunità e per non dimenticare quanto nel recente passato è successo.
Con la condanna di ieri, la magistratura italiana mette fine a un processo durato quattro anni, durante i quali i giudici hanno avuto modo di risalire alla verità attraverso l’escussione di numerosi testimoni, esperti, famigliari e compagni di prigionia delle vittime.
Una sentenza che ribalta la precedente del 2017 che aveva mandato assolti vari militari e agenti dei servizi implicati negli orrori di quell’epoca, che aveva defraudato della giustizia i parenti delle vittime.
Finalmente, dopo quaranta anni dall’accaduto, durante i quali gli attivisti dei diritti umani, i famigliari che ebbero un congiunto sequestrato e anche i rappresentanti della politica si sono battuti per avere giustizia, arriva una sentenza che supera le più rosee speranze, e che premia la decisione di aver intrapreso il viaggio a Roma per assistere alla lettura del verdetto.
Le prime indagini sulla strategia dei regimi militari latinoamericani tesa a sopprimere l’opposizione sono iniziate circa una quindicina di anni fa a seguito delle denuncie di famigliari di cittadini italiani scomparsi o assassinati, e hanno consentito al procuratore di Roma Giancarlo Capaldo di procedere contro i trentaquattro ex ufficiali, civili, agenti di polizia dei servizi dei paesi sud americani coinvolti, in parte morti prima della fine del processo.
Un lavoro che sarà finalmente finito quando la magistratura italiana procederà a giudicare cinquanta argentini e un nutrito gruppo di brasiliani e paraguayani accusati di uguali crimini, che per un motivo procedurale dovranno essere processati a parte. Solo allora, la giustizia sarà resa completamente alle vittime e la memoria del passato preservata.