Il 20 ottobre prossimo la Bolivia sarà chiamata alle elezioni generali per eleggere il nuovo presidente in una situazione che vede da una parte Evo Morales, favorito dai sondaggi, e dall’altra un’opposizione frammentata il cui esponente con maggiori chance è Carlos Mesa.
La Bolivia è anche uno dei paesi sudamericani, oltre al Brasile e al Paraguay, interessati dagli estesi incendi che stanno distruggendo foreste e savane, in particolare nella regione della Chiquitania, che si estende nell’Est del Paese. Incendi che hanno causato la morte di più di due milioni di animali selvatici.
Una realtà che sembra possa influenzare i risultati elettorali che usciranno dalle urne, dove da una parte il governo di Morales cerca di minimizzare definendoli “normali” in anni poveri di precipitazioni, ma che per l’opposizione sono invece frutto di un decreto presidenziale che autorizza il cosiddetto “chaqueo”, ovvero gli incendi procurati per rendere disponibile parti di territorio boliviano alla coltivazione della soia e all’allevamento di bovini, di cui il paese è diventato recentemente un esportatore in Cina.
Un recente studio della Fundación TIERRA il cui obiettivo è monitorare la situazione dei territori dei popoli indigeni boliviani e come queste aree beneficiano i suoi abitanti e le problematiche affrontate nella vita quotidiana, ha scoperto che il 96 per cento delle concessioni dell’Istituto di riforma agraria (INRA) è destinato a coloni quechua e aymara, definiti “interculturali”. Convinti sostenitori di Morales, sono destinatari di generose concessioni in aree indigene, che deforestano per poi rivendere i terreni debitamente ripuliti alle compagnie agroalimentari e ai grandi allevatori di bestiame. Sempre secondo lo studio citato, solo il quattro per cento rimanente dei terreni va ai popoli indigeni dell’Amazzonia, della Chiquitania e del Chaco. https://ytali.com/2019/09/27/amazzonia-in-fiamme-evo-presidente-double-face/