Per la prima volta Il Cile hai eletto sedici governatori di regione, autorità che è stata introdotta nel periodo della presidente Michelle Bachelet. A dire il vero, continua a esistere la figura del delegato del governo centrale, ma ora le si affianca quella del governatore eletto. E il tutto segna l’inizio di un processo di decentralizzazione del Paese andino.
Al primo turno il 15 e 16 maggio scorso erano stati eletti Rodrigo Mundaca, militante per il diritto all’acqua pubblica, a Valparaíso per il Frente Amplio, la socialista Andrea Macías Palma nella regione di Aysén, Jorge Flies indipendente di sinistra per Unidad Constituyente nella regione di Magallanes.
Ieri si è celebrato il ballottaggio che ha visto la netta vittoria dei candidati di Unidad Constituyente, la formazione composta dai partiti del cosiddetto duopolio, in gran parte democristiani e socialisti. Che si è alternata al governo con la destra dal ritorno della democrazia in poi. Sancendo di fatto un patto con essa che ha teso a escludere gran parte delle masse popolari cilene, afflitte dal neoliberismo sfrenato che la costituzione di Pinochet aveva blindato e reso immodificabile.
Salvo qualche tentativo di modifica costituzionale, i governi di centro sinistra e i partiti che li hanno espressi erano riusciti a condividere con la destra l’apatia o la disistima della gente, comprovata poi dalla rivolta popolare del 2019 che non a caso ha costretto il duopolio a partorire la proposta di una nuova Costituzione, per cercare di riportare la calma nel Paese.
Dopo le elezioni della Convenzione costituente del maggio scorso, dove la vittoria è andata alle formazioni indipendenti, alla sinistra del Frente Amplio, in buona parte erede del movimento studentesco del 2011, e del PC, che ha visto la sconfitta sonora della destra e il modesto risultato del centrosinistra, questo è stato infatti l’esito nella regione metropolitana di Santiago dove vivono sette milioni di abitanti sul totale dei diciannove milioni di cileni.
Il vincitore è il democristiano Claudio Orrego con il 52,7 per cento su Karina Oliva del Frente Amplio. Una déblacle, invece, per la destra al governo ha vinto soltanto nella regione di Araucanía, nel centro del Paese, dove ha presentato come indipendente Luciano Rivas. Nella regione di Arica y Parinacota si è affermato il democristiano Jorge Diaz che correva per la coalizione del centrosinistra. A Tarapacá è passato José Miguel Carvajal del Frente Amplio; ad Antofagasta Ricardo Diaz indipendente di Unidad Constituyente, ad Atacama l’indipendente Miguel Vargas; a Coquimbo l’indipendente Krist Naranjo che era stata presentata dalla lista del Partido Ecologista Verde. Nella regione di O’Higgins si è affermato il socialista Pablo Silva; a Maule la democristiana Cristina Bravo per Unidad Constituyente; a Ñuble il socialista Oscar Crisostomo; nella regione di Bío Bío l’indipendente Rodrigo Diaz; a Los Rios Luis Cuvertino per Unidad Constutuyente. Infine nella regione di Los Lagos ha vinto il democristiano Patricio Vallespin sempre per il centrosinistra.
La partecipazione è stata bassa, dato che alle urne sono andati solo due milioni e mezzo dei tredici aventi diritto. La scarsa partecipazione, la più bassa dal ritorno della democrazia, si spiega in parte con il picco di Covid-19 che ha costretto da sabato Santiago in quarantena. Ma anche con il rifiuto della politica tradizionale. Dal ritorno della democrazia e con la fine del voto obbligatorio, nessuna elezione ha visto la partecipazione del cinquanta per cento del corpo elettorale, tranne con il Plebiscito dell’ottobre scorso quando votò il 50,9 per cento dei cileni.
Al primo turno delle elezioni di maggio, quando si è votato anche la Costituente, la partecipazione aveva raggiunto il 43 per cento. E non a caso qualche costituzionalista zelante e sensibile alle ragioni della destra, aveva allora messo in dubbio la validità della nuova assemblea eletta da meno della metà del corpo elettorale.
Una tesi facilmente smontata con il fatto che in Cile solo in pochi vanno a votare, e che semmai ha fatto nascere qualche proposta di reintrodurne l’obbligo. Nella giornata di ieri, comunque, si è recato alle urne solo il 19,6 per cento degli iscritti l voto.
I governatori eletti prenderanno possesso della loro carica il 14 luglio, e la eserciteranno per quattro anni. Avranno poteri molto limitati ma anche la possibilità di ottenere una grande visibilità. Nella regione metropolitana di Santiago si confrontavano Claudio Orrego, di cinquantaquattro anni, e Karina Oliva di trentasei, la cui inesperienza probabilmente ha favorito l’avversario, volto noto della vecchia politica.
In vista delle presidenziali del 21 novembre questa tornata elettorale assume quindi un’importanza anche per la scelta del prossimo candidato a La Moneda. La vittoria di un moderato nella regione metropolitana di Santiago rappresenta un possibile rafforzamento di una candidatura moderata alle presidenziali.
Se, al contrario, avesse vinto Oliva, la sua vittoria avrebbe potuto favorire Gabriel Boric del Frente Amplio, o Daniel Jadue, sindaco comunista de La Recoleta, che fino ad ora è in testa nei sondaggi. Quel Partito comunista rinnovato che ha fatto vincere per la prima volta nella storia alla comuna di Santiago, municipalità del centro dove vivono duecentomila abitanti, la giovane economista e femminista Irací Hassler Jaco.
Tutto ciò detto, rimane comunque che gli indipendenti sono i grandi vincitori, e lo sono anche in questa tornata elettorale. Di ventisei candidati che si presentavano alle regionali, tre erano indipendenti che correvano autonomamente e sei sono considerati tali anche se si presentavano in liste di partiti.
Infine, il grande successo del centro sinistra ieri e degli indipendenti, va a confermare lo tsunami delle elezioni di metà maggio. Secondo i critici i governatori avranno pochissimi compiti e poca capacità di spesa, e saranno una sorta di “niños con dientes de leche”. Se può sembrare vera questa affermazione, siamo solo all’inizio di un lungo processo storico che in un paio di anni, non solo manderà in soffitta il neoliberismo, ma potrebbe cambiare il volto del Paese.
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