Il rappresentante della sinistra Gustavo Petro e il populista Rodolfo Hernández al secondo turno il 19 giugno, il 70% dei colombiani volta le spalle alla lunga teoria di presidenti espressi dall’establishment politica e archivia in un colpo solo Iván Duque e Álvaro Uribe.
In base ai dati diffusi sulla quasi la totalità dei seggi, Gustavo Petro ha il 40,32% , Rodolfo Hernández il 28,15% e Federico “Fico” Gutiérrez, l’esponente della continuità col passato che era dato al ballottaggio alla vigilia, il 23,91%. Gutiérrez ha ammesso la sconfitta e ha annunciato il suo sostegno a Hernández, ricompattando il fronte anti Petro composto dal centro che diffida dell’ex guerrigliero dell’M9 e dalla destra.
In termini reali, Petro ottiene 8.479.095 sui trentanove milioni di aventi diritto al voto, un risultato insufficiente per vincere la presidenza al primo turno, su cui aveva sperato con il Pacto Historico, la coalizione che lo ha appoggiato. Per Petro questo era il terzo tentativo di corsa alla carica di presidente, e nel caso vincesse al ballottaggio sarebbe il primo esponente della sinistra ad occupare tale carica.
Il suo programma prevede innanzitutto la lotta alla fame nel Paese piegato dall’epidemia di COVID e dalla crisi economica, una riforma dei fondi pensione con l’obiettivo di estendere la copertura a tre milioni di persone che ora ne sono escluse, l’aumento della tassazione per i più ricchi al fine di consentire l’avvio di progetti sociali dedicati alle classi più povere. Ma la proposta che forse ha più suscitato preoccupazione da parte del settore economico che poggia sull’estrazione del greggio che rappresenta quasi il 50% delle esportazioni e il 10% delle entrate statali, è stata quella di bloccare tutti i progetti petroliferi e avviare una transizione energetica.
Al ballottaggio Petro si troverà ad affrontare l’avversario che probabilmente temeva di più, l’imprenditore delle costruzioni ed ex sindaco di Bucaramanga, Rodolfo Hernández che, nonostante i suoi 77 anni, ha fatto un uso spregiudicato della rete con i suoi video in cui appare cantando e cavalcando uno skateboard elettrico e che ha impostato tutta la sua campagna sulla lotta alla corruzione, raccogliendo come nessun altro il voto anti sistema che già ha premiato altri esponenti politici in America Latina, a cominciare dal brasiliano Jair Bolsonaro e da Nayib Bukele in Salvador. E che non a caso ha voluto marcare la sua differenza con gli altri candidati rifiutando persino di partecipare ai dibattiti televisivi con gli altri candidati. Ha avuto 5.953.209 voti.
Né di destra né di sinistra, ha proposto di creare un fondo che distribuisca i soldi recuperati alla lotta alla corruzione, non ha in programma una riforma tributaria che comporti una ridistribuzione delle entrate, e ha affermato di voler introdurre nel codice penale i delitti ambientali costringendo le imprese straniere che operano in Colombia a rispettare norme per altro già in vigore nei loro Paesi.
È stato al centro di polemiche per una sua frase su Adolf Hitler in un’intervista radiofonica nel 2016. Quando ha detto “Sono un seguace di un grande pensatore tedesco di nome Adolf Hitler”. Poi si è corretto dicendo che intendeva dire Albert Einstein e che era stato vittima di un lapsus. Critiche hanno suscitato anche alcuni suoi commenti omofobi. Definito come il Donald Trump colombiano, con la sua narrazione di personaggio anti sistema rischia di riuscire a trasformare Gustavo Petro in un candidato tradizionale, anche perché di certo non nuovo nel panorama della politica colombiana, dove, oltre che candidato alle presidenziali, ha anche ricoperto la carica di sindaco di Bogotà.
Petro dovrà quindi combattere contro questo rischio e contro lo svantaggio di essere inviso al centro e alla destra nel Paese, mentre il suo avversario potrà accentuare i suoi messaggi verso quello schieramento composito che si oppone al candidato della sinistra contando sul suo profilo di politico nuovo e soprattutto estraneo a quell’establishment con cui il voto di domenica dei colombiani ha deciso di chiudere.