I leader della Centrale Inter Etnica di Ascensión, dei popoli nativi Guarayos nel dipartimento di Santa Cruz in Bolivia, si sono riuniti in assemblea e hanno deciso di concedere due giorni al governo per ritirare quelli che hanno definito come “invasori”, ovvero i gruppi che l’ex presidente Evo Morales chiama “interculturali”. Si tratta di migranti in genere aymara provenienti dall’altipiano boliviano, che si trasferiscono con lo scopo di impossessarsi di terre di proprietà privata o dello Stato, incendiarle, e poi abilitarle per la coltivazione della coca. È la prima volta che indigeni amazzonici chiedono l’espulsione degli invasori provenienti da altre regioni del paese, schierandosi duramente contro una prassi che fino ad ora è stata coronata da successo perché può contare sulla solidarietà e il non intervento della polizia, ma soprattutto perché l’Istituto Nazionale di Riforma Agraria (INRA) concede agli invasori la proprietà legale della terra. (Vedasi https://ytali.com/2019/08/23/la-giungla-politica-che-distrugge-la-foresta-vergine-2/)
Nell’ottobre del 2021 un gruppo di questi migranti aveva anche aggredito e rapito leader indigeni e giornalisti, ma la giustizia boliviana, completamente asservita al governo, aveva prontamente rilasciato i responsabili. Secondo il rapporto 2021 sull’accesso alla terra e al territorio in Sud America, pubblicato dall’Istituto per lo sviluppo rurale del Sud America (IPDRS), corruzione e mancanza di un approccio istituzionale da parte dello Stato caratterizzano l’amministrazione delle terre fiscali in Bolivia. In tal modo è alto il livello di scontro nell’accesso alla terra, dove predomina la corruzione e in particolare la violenza armata. Mentre gli organismi statali hanno rinunciato o perso la loro capacità di intervento, funzionari pubblici sono stati coinvolti nella consegna arbitraria di terra alle comunità contadine e agli uomini d’affari in cambio di tangenti.
Infine, negli ultimi giorni, gruppi armati hanno preso d’assalto terreni privati a Santa Cruz de la Sierra, nella stessa area urbana, perseguendo un progetto che ormai da alcuni anni si propone di incrementare le colture di coca nel dipartimento di Santa Cruz, con lo scopo di creare una sorta di corridoio fino al confine meridionale con il Brasile, il paese con il più alto consumo di cocaina nelle Americhe. La settimana scorsa il quotidiano O Globo ha ricordato che il capo del Primer Comando da Capital (PCC), il più grande cartello della droga del Brasile, Gilberto Aparecido dos Santos, “Fuminho”, vive e opera in Bolivia. Mentre le autorità dello Stato di San Paolo avevano rivelato che il PCC ha colture di coca e fabbriche in territorio boliviano. La Bolivia è inoltre uno dei paesi dell’area amazzonica maggiormente afflitto dalla deforestazione della selva, e al momento sono in corso 1.132 incendi, mentre anche i parchi nazionali sono stati invasi dai coltivatori di coca, che hanno installato moderne fabbriche di cocaina. (Si legga la mia intervista a Marcial Fabricano uno dei massimi leader indigeni boliviani in https://ytali.com/2021/11/05/le-nostre-terre-i-nostri-diritti-parla-marcial-fabricano/ e anche in https://www.terzogiornale.it/2021/11/18/amazzonia-boliviana-il-governo-permette-che-bruci/)
L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) ha rivelato che nel 2021 in Bolivia è stata verificata l’esistenza di 30.500 ettari di coca, il 4% in più rispetto all’anno precedente, precisando che l’espansione della coltura ha riguardato quattro aree presumibilmente protette dallo stato boliviano.