Il Tapón del Darién, tra Panama e Colombia, rappresenta il confine naturale tra l’America Centrale e l’America del Sud. Si estende con le sue foreste, i suoi rilievi e i suoi numerosi bacini idrici nella parte settentrionale del Dipartimento di Chocó colombiano e la Provincia di Darién. La giungla è stata usata per decenni da persone provenienti da tutto il mondo che viaggiano irregolarmente verso gli Stati Uniti, nonostante i gravi pericoli che comporta a causa del suo ambiente selvaggio e della presenza di gruppi del crimine organizzato. Nel XVII secolo vi fu anche tentata l’installazione di una colonia del regno di Scozia passato alla storia col nome di Schema di Darién, ma i partecipanti morirono quasi tutti di malattia nel giro di pochi anni.
La panamericana, il sistema di strade lungo circa 30.000 chilometri che attraversa il Nord, il Centro e il Sud America, non passa per la regione di Darién. Sul lato sudamericano, l’autostrada termina a Turbo, in Colombia, mentre su quello panamense, il capolinea stradale è la città di Yaviza. Le due località distano in linea aerea circa cento chilometri, mentre il percorso via terra è fatto di paludi e foreste. Per decenni sono stati effettuati tentativi di realizzare il tratto mancante al fine di completare la panamericana, ma vari gruppi di indigeni, governi locali e associazioni ambientaliste si sono opposti per salvaguardare la foresta pluviale con lo scopo di tutelare le popolazioni autoctone dell’area, e di contrastare il traffico di stupefacenti e la violenza che l’esistenza di una via di comunicazione terrestre comporterebbe.
Venerdì 23 dicembre, il Ministero degli Esteri di Panama ha reso pubblici i dati aggiornati dei flussi migratori che, per raggiungere il Nord America, attraversano il Darién. Costituisce il grosso di questo esodo verso la speranza di migliori condizioni di vita la migrazione venezuelana con 149.826 cittadini, seguita da quella ecuadoriana con 27.921, haitiana con 20.000, e cubana 5.821. In pratica sono stati circa 243.681 i migranti irregolari che nel 2022 hanno attraversato la pericolosa giungla che segna il confine naturale tra Colombia e Panama.
Pur mancando ancora pochi giorni alla fine dell’anno, i dati sulla migrazione rappresentano un record storico e superano ampiamente quelli del 2021, quando 133.726 persone hanno attraversato il Darién. Minori anche i dati relativi al 2020, quando i passaggi sono stati 8.594 essendo le frontiere chiuse a causa della pandemia di Covid. Come pure inferiori sono i numeri del 2016 quando a causa della crisi dei migranti cubani sono stati registrati 30.055 passaggi.
Il movimento migratorio attraverso il Darién è comunque diminuito bruscamente dopo che il governo degli Stati Uniti ha annunciato in ottobre una nuova politica secondo la quale ogni venezuelano che entra negli USA dopo aver attraversato irregolarmente il confine del Messico e di Panama, sarà espulso in territorio messicano. La nuova linea di condotta nordamericana comporta inoltre che chi è stato espulso sarà anche escluso per due anni dal programma che concede lo status legale negli Stati Uniti a 24.000 venezuelani che arrivano in aereo e con sponsor. Sempre secondo i dati delle autorità panamensi, lo scorso ottobre è stato il mese con il maggior traffico, avendo attraversato 59.773 migranti. A novembre, dopo la decisione degli Stati Uniti, i passaggi sono diminuiti a 16.632.
“La migrazione non cambierà mai e nessuno sarà in grado di fermarla”, ha ammesso venerdì il ministro degli Esteri panamense Janaina Tewaney, il cui Paese provvede a registrare il numero di migranti, offrendo loro rifugi temporanei. Un fenomeno la cui consistenza ha spinto le autorità governative a chiedere ripetutamente aiuto alla comunità internazionale in modo da poter affrontare il problema dell’immigrazione come un fenomeno regionale e non soltanto locale.
La richiesta, ha ricordato il ministro, è che l’esodo migratorio sia organizzato, pianificato e i diritti minimi delle persone rispettati, “che si capisca che si tratta di un dramma umano e che non si usano percorsi come il Darién. Quella giungla non è un percorso, è più una punizione per l’essere umano”, ha concluso il ministro panamense.