Secondo quanto ha rivelato il Wall Street Journal (WSJ) domenica 11 agosto, gli Stati Uniti sarebbero in trattative con Nicolás Maduro per ottenere le sue dimissioni dalla presidenza in cambio di un’amnistia. Alla decisione il governo statunitense sarebbe giunto a causa dell'”evidenza schiacciante” che il presidente “ha perso le elezioni” lo scorso luglio contro Edmundo González Urrutia.
L’informazione sarebbe stata comunicata al WSJ da tre fonti dell’amministrazione di Joe Biden, e riguarderebbe la trattativa in corso per concedere l’indulto per il presidente venezuelano e per persone a lui più vicine, chiamate a rispondere alle accuse del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, al fine di persuadere Maduro a lasciare il potere prima della fine del suo mandato.
Le accuse formulate dalle corti di New York e Miami già nel 2020, riguardano cospirazione con una organizzazione terroristica per inondare gli Stati Uniti di cocaina e usare la droga come arma per minare la salute degli americani. Favorire il traffico di cocaina dalla Colombia agli Stati Uniti, grazie all'”alleanza” tra governo venezuelano e le Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia.
Le accuse mosse dagli Stati Uniti contro il presidente venezuelano e altri quattordici membri del suo governo riguardano il narcotraffico, corruzione e riciclaggio di denaro, e hanno comportato l’emissione di una taglia di 15 milioni di dollari a favore di chi collaborerà con le autorità fornendo informazioni utili per la cattura del politico sudamericano. Ad annunciare la decisione di Washington era stato allora il procuratore generale William Barr, durante una conferenza stampa organizzata dal dipartimento di giustizia.
L’anno prima era stato incriminato con gli stessi capi d’imputazione, dalla corte federale di Manhattan, l’ex vicepresidente venezuelano Tareck El Aissami, mentre il dipartimento al Tesoro aveva accusato per le stesse attività Diosdado Cabello, ex presidente dell’Assemblea Nazionale e potente braccio destro di Maduro. Poi era toccato anche a due nipoti del presidente venezuelano: Franqui Francisco Fores de Freitas ed Efrain Antonio Campo Flores, arrestati ad Haiti e condannati a 18 anni di prigione a New York per aver cercato di vendere 20 milioni di dollari di droga per finanziare la propria famiglia.
Secondo le rivelazioni di ieri del WSJ, Maduro sarebbe aperto ai colloqui “purché Washington gli mostri rispetto”. Finora, la trattativa è stata condotta virtualmente da Jorge Rodríguez, presidente del Congresso venezuelano e molto vicino a Maduro, e da Daniel P. Erikson, referente per la politica verso il Venezuela nel Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. I funzionari statunitensi avrebbero anche assicurato che non costringeranno le compagnie petrolifere occidentali a lasciare il Venezuela.
Sempre secondo quanto riportato dal WSJ, gli Stati Uniti hanno cinque mesi prima dell’investitura presidenziale del Venezuela, prevista per gennaio 2025, per raggiungere un accordo. Una vittoria del candidato repubblicano Donald Trump potrebbe però bloccare i colloqui se egli riprendesse le sue “politiche aggressive verso Maduro”, che sono iniziate nel 2019, quando la sua amministrazione ha imposto sanzioni petrolifere e ha sostenuto il governo ad interim guidato dall’opposizione Juan Guaidó.
Le rivelazioni del giornale statunitense si aggiungono ad una intervista di ieri a El Pais di Corina Maria Machado, in cui l’esponente dell’opposizione, che vive da giorni in semi clandestinità, ha dichiarato che “bisogna fa capire a Maduro che la sua migliore opzione è accettare una transazione negoziata”. Nell’intervista, Machado si è detta favorevole ad una trattativa che parta dal rispetto della sovranità popolare del 28 luglio, finalizzata alla transizione e non per condividere il potere, “un negoziato in cui siamo disposti a dare garanzie, salvacondotti e incentivi”, a Maduro e al chavismo. Machado ha anche chiesto che cessi la repressione del governo, che ha causato a più di 2000 arresti, oltre ad una ventina di vittime.
Mentre le autorità venezuelane non hanno ancora pubblicato i dati ufficiali delle elezioni a distanza di quattordici giorni che vari paesi, tra cui Brasile, Colombia e Messico, avevano richiesto, l’opposizione ha reso disponibili i verbali, scansionati e caricati su un sito web, con dati confrontabili e voti tavolo per tavolo, che danno come vincitore Edmundo González con il 67% dei voti, per il 30% di Maduro. La pubblicazione di questi verbali ha fatto sì che diversi paesi, tra cui gli stessi Stati Uniti che ora starebbero tentando la via negoziale, e organizzazioni autorevoli come il Centro Carter abbiano riconosciuto Edmundo Gonzalez come vincitore.