Evo Morales Ayma, presidente della Bolivia, mi ha ricevuto a La Paz nel dicembre del 2016. L’incontro è avvenuto nel Palacio Quemado, in Plaza Murillo, che fino a poco prima dell’inaugurazione della nuova “casa del pueblo” che tante polemiche ha scatenato in città per la sua megalomania, era la sede ufficiale della presidenza. Avevo proposto a Erasmo D’Angelis, allora direttore de L’Unità, giornale in cui è apparsa l’intervista, di recarmi nella capitale boliviana per incontrare Evo Morales. L’idea gli è piaciuta, e grazie ai buoni uffici del nostro ambasciatore Placido Vigo, in breve tempo ho avuto l’appuntamento con Evo.
Non senza una punta di orgoglio, Vigo allora mi ha fatto notare che in genere i giornalisti dovevano fare anticamera anche per settimane per intervistare il presidente boliviano. Da parte mia ho spiegato la rapida soluzione della mia richiesta come una prova dell’efficienza dell’ambasciatore e dell’importanza che il nostro paese ha per i boliviani. Così, assieme a Placido Vigo e al fotografo Giovanni Vianello abbiamo prima passato i controlli all’entrata e poi siamo saliti per lo scalone che porta alla grande sala dove il capo di gabinetto di Evo aveva fissato l’incontro. Avvenuto alla presenza silente di un busto di Simón Bolívar.
L’attesa è stata breve. Solo il tempo di prendere una tisana e Morales ha fatto la sua comparsa. Era vestito come uno del popolo, pantaloni e giubbetto scuri, e calzava delle scarpe scalcagnate. All’apparenza sembrava stanco e quando ho iniziato a porgli le domande, ha risposto con un filo di voce. Solo a una mia domanda su Fidel Castro è sembrato rianimarsi, anche se per tutta la durata dell’intervista è sempre stato disponibilissimo. Terminate con le domande, Evo si è come sciolto, cominciando lui a interrogarmi sull’Italia, sul giornale per cui scrivevo ecc. Sottoponendosi di buon grado al rito delle foto, finché la sua giovane capo di gabinetto non è venuta a riprenderselo. Quando già ci eravamo salutati e lui se ne stava andando, ha fatto inaspettatamente dietrofront, e stringendomi ancora una volta la mano mi ha detto: “Grazie per essere venuto, e vieni pure a trovarmi se ripassi per La Paz”.
La versione dell’intervista che qui pubblico è quella, più lunga, apparsa su ytali.com a qualche giorno di distanza dalla pubblicazione sull’Unità.
https://ytali.com/2017/01/04/incontro-a-la-paz-con-evo-morales/
“Fidel, come si fa la rivoluzione? Comprando armi si fa la rivoluzione!” Così ricorda uno dei suoi primi incontri con Castro all’Avana, l’attuale presidente dello Stato Multinazionale di Bolivia Evo Morales Ayma. L’allora sindacalista cocalero trovò il coraggio di ribattere al líder máximo cubano che la rivoluzione al giorno d’oggi si fa col popolo, con la sua coscienza e con il suo voto.
Primo presidente indigeno e il più longevo politicamente nella storia del suo paese, Morales rimarrà in carica fino al 2019, quando la Costituzione dovrebbe obbligarlo a lasciare la mano. Il condizionale è d’obbligo, dato che già negli scorsi mesi il paese è stato chiamato a un referendum che avrebbe dovuto cambiare la carta fondamentale consentendo a Morales di ripresentarsi per rimanere al comando fino al 2025, quando cade il bicentenario dell’indipendenza boliviana.