In Venezuela oltre cinque milioni di persone sono state costrette ad emigrare all’estero per la grave crisi economico-politica alla quale si è aggiunta la pandemia.
Secondo una relazione pubblicata lo scorso ottobre da Caritas Venezuela, la malnutrizione acuta nei bambini al di sotto dei cinque anni è arrivata al 73 per cento dopo la diffusione del Covid-19. A ciò deve essere aggiunto il mancato invio delle rimesse familiari dovuto alla chiusura delle frontiere a partire da marzo, che ha avuto un forte impatto sulla popolazione che dipende da queste risorse per il suo sostentamento.
Sempre secondo Caritas Venezuela, il 51 per cento delle donne incinte soffre di deficit nutrizionali acuti, mentre l’83 per cento delle abitazioni del Paese non ha accesso a servizi idrici. La conseguenza è che il 46 per cento della popolazione ha visto un deterioramento della sua dieta a causa delle difficoltà nel procurarsi il cibo, mentre il 27 per cento deve ricorrere all’elemosina per nutrirsi.
Non sono migliori le notizie riguardanti l’inflazione. Mentre il paniere alimentare ha subito un aumento mensile del 51 per cento, senza che vi sia stato un incremento del salario minimo dal mese di maggio. A questo riguardo, il Fondo monetario internazionale stima nel 2020 e nel 2021 una percentuale del 6.500 per cento, mentre la contrazione economica per quest’anno sarebbe pari al 25 per cento del prodotto interno lordo.
L’euro alla fine del mese scorso aveva superato la barriera del milione di bolivares, con un cambio 1.009.928,30 bolivares per un euro, a fronte di un salario minimo pari a 1.600.000 bolivares al mese (1,12 euro).
Le sanzioni economiche contro il Venezuela hanno di certo colpito persone appartenenti alla cerchia del presidente Maduro e il settore petrolifero dal quale dipende la quasi totalità degli introiti statali del paese, ma hanno anche avuto ricadute negative sulle condizioni di vita della popolazione. Il fatto che l’autoproclamato presidente Juan Guaidò si sia detto favorevole alle sanzioni internazionali, gli ha comportato la perdita di parte delle simpatie dell’opinione pubblica.
Alla crisi della popolazione residente nel Paese, deve essere anche aggiunta quella dei rifugiati e dei migranti venezuelani per i quali l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhcr) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) hanno oggi lanciato un piano regionale da 1,44 miliardi di dollari.
Lo scopo è quello di dare un sostegno ai circa 5,4 milioni di rifugiati e migranti dal Venezuela in tutto il mondo, la stragrande maggioranza ospitata da paesi dell’America Latina e dei Caraibi. Molti rifugiati e migranti e le loro comunità di accoglienza si trovano ora affrontare una miriade di nuove sfide che peggiorano le loro già precarie condizioni.
“Le misure di blocco prolungate ma necessarie e le limitazioni alla mobilità hanno avuto un impatto negativo sulla capacità dei rifugiati e dei migranti di mantenere i propri mezzi di sussistenza e sull’accesso a beni e servizi di base. Molti hanno perso i loro mezzi di sussistenza e contemporaneamente non sono sistematicamente inclusi negli ammortizzatori sociali che sono stati istituiti per le popolazioni locali”, ha affermato Eduardo Stein, rappresentante speciale congiunto dell’Unhcr e dell’Oim per i rifugiati e migranti venezuelani.
La grave situazione che si è venuta a creare ha portato alcune persone a pensare di tornare in Venezuela, spesso in condizioni non sicure, mentre nelle ultime settimane è aumentato anche il numero di venezuelani che continuano a lasciare il loro paese, poiché le misure di blocco non si attenuano e le condizioni continuano a peggiorare.
Con le frontiere chiuse, questi movimenti avvengono principalmente attraverso attraversamenti irregolari delle frontiere, esponendo rifugiati e migranti a pericoli e ad un grande rischio di abusi fisici e sessuali, discriminazione, sfruttamento e tratta.