E’ nella totale incertezza che il Cile si appresta a celebrare il prossimo 21 novembre il primo turno delle presidenziali, rito con il quale un Paese prostrato da una lunga crisi politica e sanitaria, radicalmente diviso, e pessimista per quanto riguarda la possibilità di rialzarsi economicamente dopo il coronavirus, inizierà ad archiviare definitivamente l’era di Sebastián Piñera.
Un presidente che, stando all’ultimo sondaggio pubblicato ieri, è rifiutato dal 79 per cento dei suoi concittadini per la sua condotta governativa e per il suo coinvolgimento negli affari milionari emersi dalla pubblicazione dei Pandora Papers, per i quali la magistratura ha aperto un’inchiesta a suo carico.
Sette sono i candidati di vari schieramenti che aspirano alla poltrona de La Moneda, in quella che appare come una sorta di primarie dove destra e sinistra si presentano in ordine sparso. Ormai a poche settimane dal voto, è lecito comunque pensare, salvo colpi di scena dipendenti dalla sostanziale volatilità dell’elettorato e forse anche dalla imprecisione degli istituti demoscopici, che nel ballottaggio del 19 dicembre saranno l’avvocato cinquantacinquenne José Antonio Kast per la destra, e il giovane Gabriel Boric per lo schieramento opposto, a doversi confrontare.
Entrambi sorprese della recente vicenda politica cilena, il primo per aver ormai surclassato nei sondaggi il candidato ufficiale della destra Sebastián Sichel. Il secondo per aver vinto Daniel Jadue, il candidato favorito nelle primarie dello schieramento Apruebo Digndad che raggruppa il Frente Amplio, la nuova sinistra cilena, e l’ortodosso Partido Comunista.
Deputato di lunga data, già militante della Unión Demócrata Independiente (UDI), Kast, origine tedesca e padre di nove figli, si era già presentato nel 2017 alle presidenziali ottenendo l’8% dei voti. Si ripresenta ora con il suo Partido Republicano, formazione di estrema destra nata nel 2019. Il sondaggio di ieri lo da al 22,2% con un balzo in su di quasi sei punti.
Ammiratore di Donald Trump e di Jair Bolsonaro, nel suo programma ha la costruzione di un muro per impedire l’accesso ai migranti, l’ordine e misure economiche liberiste. Nel 2017 dichiarava che avrebbe votato volentieri Augusto Pinochet se fosse stato candidato, ma recentemente ha detto che “qualsiasi persona che abbia violato i diritti umani, sia militare o no, io non lo appoggerò.”
Se ancora oggi ufficialmente la destra rinnova il sostegno a Sichel, precipitato ormai al 7,5% del gradimento, molti sono i deputati dell’area a salire sul carro dell’inarrestabile Kast, che ha nel frattempo moderato programma e discorsi, consapevole che la partita la si gioca al centro, soffiando il consenso residuale di cui gode al moderato Sichel, proveniente dalla Democrazia Cristiana.
Intanto lo sostengono quei deputati che dovranno ricandidarsi al parlamento, e che hanno bisogno di puntare su un cavallo che sappia attrarre i voti necessari alla loro rielezione. E mentre si allinea a Kast anche Evópoli, nata per rappresentare la destra liberale, è certo che ogni imbarazzo o mal di pancia sarebbero messi da parte dalla variegata destra cilena qualora José Antonio, come parrebbe scontato, passasse al ballottaggio.
Dall’altra parte cercherà di contrastarlo il trentacinquenne Gabriel Boric, ex leader studentesco che, partendo dall’obiettivo dell’educazione gratuita e libera, ha vissuto la fase in cui il movimento ha ampliato i propri obiettivi, includendo l’ambiente, la transizione energetica, i diritti della sessualità, fino a comprendere il cambio della Costituzione del 1980 ereditata da Pinochet.
Boric è stato eletto prima come indipendente, poi rieletto per il Frente Amplio nel 2017 collocandosi al secondo posto a livello nazionale nella classifica dei deputati più votati. Scoppiata il 18 ottobre 2019 la rivolta contro il sistema, Boric ha contribuito a delineare, tra molte critiche provenienti dalla sua parte, un’uscita dalla crisi imboccando la strada del nuovo processo costituzionale ora in atto.
Pragmatico, ha saputo disancorarsi dalla critica ai partiti tradizionali, riuscendo ad interpretare il diffuso desiderio di cambiamento dei giovani, delle classi medie, e degli ambienti universitari. Ma ha pure incassato recentemente l’appoggio di una parte della dirigenza socialista, e la promessa da parte del segretario comunista Guillermo Teillier di volere la governabilità. Se Kast ha espresso più volte la sua vicinanza allo spagnolo Vox, chiarissima è la sintonia di Boric con Podemos. Nei sondaggi è dato intorno al 17%, con un calo costante da qualche settimana. Cosa che si giustifica con la contemporanea ascesa di altri candidati appartenenti ad aree a lui vicine, che potrebbero confluire su di lui nel ballottaggio, e che con lui condividono il desiderio di mettere fine a quelle istituzioni che rappresentano l’eredità della dittatura.