In campagna elettorale Lula da Silva ha promesso di combattere la deforestazione dell’Amazzonia che Bolsonaro ha intensificato durante il suo mandato, e di dare maggiore importanza alla protezione ambientale. Una scelta che consentirà al neo eletto presidente di recuperare il prestigio del Brasile all’estero, compromesso dal leader della destra brasiliana le cui politiche hanno finito per isolare il Brasile a livello internazionale. E di sbloccare accordi commerciali con l’Europa e il Mercosur.
Per questa ragione Lula ha accettato l’invito del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e sarà presente a Sharm el Sheikh per la COP27 assieme alla sua ex ministra dell’ambiente Marina Silva, probabile incaricata della questione ambientale nel prossimo governo.
Intanto, dopo essersi preso una vacanza di una settimana a Bahia per riposarsi dalle fatiche della campagna, Lula ha cominciato ieri a dare forma al suo gabinetto sotto l’occhio vigile del mercato e della comunità internazionale. Oggi sarà a Brasilia dove il suo team di transizione, che si è installato negli uffici del Centro Cultural Banco do Brasil coordinato dal vicepresidente eletto Geraldo Alckmin, sta iniziando a ricevere informazioni sullo Stato consegnate dall’amministrazione dell’estrema destra Jair Bolsonaro.
Il governo eletto deve innanzitutto trovare le risorse per mantenere le promesse della campagna e mantenere il programma Auxilio Brasil, ex Bolsa Familia, a sostegno dei più poveri, nonché quelle necessarie all’aumento del salario minimo che deve essere adeguato all’inflazione. Altra promessa fatta durante la campagna elettorale, su cui recentemente si è fortemente impegnata la presidente del Partito dei Lavoratori Gleisi Hoffmann e che probabilmente costringerà i nuovi governanti a negoziare con il parlamento l’approvazione di un progetto di emendamento costituzionale per aumentare le spese, aggirando la regola del “tetto di spesa”.
Qui i tempi sono stretti, dato che il negoziato dovrà essere concluso entro il 15 dicembre. Mentre solo per l’Auxilio Brasil, con un bonus promesso di 150 reais (30 dollari) per le famiglie con bambini fino a 6 anni, sarebbero necessari 70.000 milioni di reais, quasi 14.000 milioni di dollari. Ma la vittoria di Lula ha spinto i leader del “Centrao”, i partiti che spesso si alleano con il governo, a mostrare da subito la volontà di dialogare col futuro governo che si troverà a fronteggiare il Partito Liberale di Bolsonaro, la più grande formazione politica in entrambe le camere, che con tutta probabilità sarà capace di esprimere un’opposizione più dura di quella del Partito della Social Democrazia Brasiliana (PSDB) dei due primi mandati di Lula. Mentre il nuovo esecutivo che entrerà in carica a gennaio dovrà conciliare le politiche di responsabilità fiscale con la sua agenda di interventi sociali in un contesto post pandemico caratterizzato dal ritorno dell’inflazione e in vista di una probabile recessione globale.
Al pari di altri suoi colleghi della sinistra latinoamericana che guidano i loro paesi, anche Lula dovrà fare i conti con una realtà economica lontana dagli anni 2000, quando ha potuto finanziare le sue politiche sociali navigando il ‘boom’ delle materie prime. Ha promesso di conciliare la “responsabilità fiscale, sociale e sostenibile”, ma mantiene il mercato sulle spine e ancora non rivela chi sarà il suo ministro delle finanze, un’incertezza che si estende a tutti i ministeri. Secondo gli osservatori, e al contrario di Bolsonaro che ha creato un “superministero” dell’economia con Paulo Guedes, Lula sarebbe propenso a dividere il ministero in Finanza, Pianificazione e Industria e Commercio. Fernando Haddad, ex ministro dell’istruzione, e Aloizio Mercadante, coordinatore del programma di governo di ‘Lula’, potrebbero ottenere incarichi nell’area economica.