Poco prima delle 15,00 di domenica pomeriggio, migliaia di manifestanti si sono riuniti senza preavviso sulla Esplanada dei Ministeri, nel centro di Brasilia, e hanno preso d’assalto gli edifici del Congresso, della presidenza e della Corte Suprema. Le sedi delle istituzioni democratiche brasiliane che sorgono a pochi metri una dall’altra intorno alla Piazza dei Tre poteri. Da due mesi i sostenitori di Jair Bolsonaro erano accampati davanti alla sede delle forze armate a Brasilia per chiedere un intervento militare che metta fine al ritorno di Lula da Silva. Per quanto gli stessi militari richiesti di un audit da Bolsonaro abbiano escluso irregolarità nel processo elettorale, i bolsonaristi si considerano vittime di un’enorme frode elettorale.
Apparentemente la polizia non si aspettava l’attacco, e dalle immagini diffuse dalle televisioni è risultata reagire blandamente all’assalto da cui è stata alla fine rapidamente sopraffatta. Trovando scarsa resistenza, i manifestanti sono potuti entrare senza problemi nella sede del Congresso, nel Palazzo di Planalto e nell’edificio che ospita la Corte Suprema. Gravi i danni all’interno degli edifici, vetri rotti, uffici distrutti, carte ovunque. La stessa immagine che già era stata vista il 6 febbraio di due anni fa dopo l’invasione di Capitol Hill da parte dei suoi sostenitori, che poco prima in un discorso pubblico Donald Trump aveva aizzato a manifestare. Come allora, anche ieri i vandali che hanno invaso le sedi delle istituzioni democratiche brasiliane non erano guidati da alcun leader ed apparivano una massa indistinta intenta a sfogare la propria rabbia distruggendo ogni oggetto che gli venisse a tiro. Si sono registrate anche violenze contro i giornalisti impegnati a documentare i fatti, agli occhi dei manifestanti rei di non sostenere le tesi complottiste sulle elezioni rubate.
In quel momento Lula non era a Brasilia mentre il parlamento è in pausa estiva fino a febbraio. Dopo alcuni lunghi minuti di silenzio necessari ad organizzare la sua risposta, il presidente brasiliano ha reagito in modo fermo ordinando l’intervento della sicurezza del Distretto Federale, la regione dove si trova Brasilia, e schierando le forze federali per espellere i golpisti dalle istituzioni e riportare l’ordine. Nel discorso pronunciato nell’ufficio del sindaco di Araraquara, città dove si trovava in visita, Lula è apparso calmo e determinato, sicuro di poter al più presto riprendere il controllo del paese. Ha denunciato “incompetenza” e “cattiva fede” da parte dei responsabili della sicurezza di Brasilia, che dipendono dall’amministrazione del governatore Ibaneis Rocha, alleato di Bolsonaro. Solo dopo il suo intervento, in quattro ore e mezzo gli agenti antisommossa, ricorrendo all’uso di gas lacrimogeni e bombe a rombo, sono riusciti a prendere il controllo delle sedi dell’esecutivo, legislativo e giudiziario. Almeno 400 le persone state arrestate che ora rischiano pene fino a 12 anni di prigione per tentato colpo di stato. Contrariamente all’assalto di Capitol Hill, e fortunatamente, non si registrano morti, mentre le forze dell’ordine hanno diffuso un primo bilancio in serata che registra almeno 46 feriti.
Dal risultato del secondo turno che ha visto Lula prevalere su Bolsonaro di stretta misura, i sostenitori dello sconfitto hanno manifestato scendendo in piazza, bloccando con i camionisti le principali vie di comunicazione, accampandosi presso i comandi delle forze armate, sulla cui lealtà alle istituzioni democratiche molto si è discusso nel paese. Mentre da parte sua, Bolsonaro, pur prendendo alla fine le distanze dalle violenze e dai comportamenti illegali, ha sempre difeso il diritto dei suoi sostenitori a manifestare. Prima dell’assalto di ieri, Bolsonaro ha condannato gli atti violenti, ma allo stesso tempo ha definito “patrioti” i suoi seguaci insoddisfatti, lo stesso aggettivo usato ripetutamente dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump per riferirsi a coloro che hanno aggredito il Campidoglio a Washington il 6 gennaio 2021. Difficile non leggere l’accaduto come l’estremo tentativo dei bolsonaristi di provocare l’intervento dell’esercito, che alla fine non è uscito dalle caserme, schierandosi quindi a favore del rispetto del risultato elettorale e della democrazia.
C’è da dire che i principali commentatori hanno ritenuto improbabile la possibilità di un intervento dei militari, considerando quanto stava accadendo come l’estremo tentativo di un Bolsonaro ancora attivo dal suo esilio volontario negli Stati Uniti. Sarà un caso, ma i fatti di ieri mettono sotto una luce differente la sua partenza alla volta di Orlando in Florida, che molti avevano interpretato con la sua volontà di non essere presente alla cerimonia di investitura di Lula, e soprattutto come un atto teso a sottrarsi ad un eventuale arresto una volta cessata l’immunità di cui godeva. Difficile non pensare ad un ruolo di Bolsonaro dagli Stati Uniti in combutta con i suoi seguaci più fedeli in Brasile, appartenenti soprattutto al mondo degli uomini d’affari che hanno visto come una sciagura il ritorno di Lula, che continuano a considerare “comunista”.
Ciò detto, forse pare più sensato pensare ad una sorta di messaggio che, in un paese spaccato a metà, la destra bolsonarista ha voluto far pervenire a Lula che nella sua prima settimana di governo aveva bloccato alcune scelte del suo predecessore, a cominciare dallo stop delle privatizzazioni di importanti settori economici brasiliani. Sta di fatto che, una volta che è stato chiaro l’andamento dell’assalto, il deputato Valdemar Costa Neto, presidente del Partito Liberale, la formazione politica di Jair Bolsonaro, ha preso le distanze dall’attacco bolsonarista alle sedi del Congresso, del Planalto e della Corte Suprema in Brasilia. “Oggi è un giorno triste per il Brasile. Tutte le manifestazioni che si sono fatte dopo le elezioni, davanti alle caserme, sono state un esempio di educazione, fiducia e brasilianità. C’erano famiglie che rappresentavano Bolsonaro, che rappresentavano la destra. Questo movimento a Brasilia oggi è una vergogna per tutti noi e non rappresenta il nostro partito, non rappresenta Bolsonaro. La polizia e la sicurezza, e i settori della sicurezza devono fare la loro parte. Non sosteniamo questi movimenti. Sì, sosteniamo: Patria, Famiglia e Libertà. Sosteniamo i buoni movimenti. Questo movimento a Brasilia oggi è stato una vergogna per tutti noi”, ha detto Costa Neto.
Anche Jair Bolsonaro alla fine ha rotto il silenzio twittando che “le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. Tuttavia, le predazioni e le invasioni di edifici pubblici come quelle avvenute oggi, così come quelle praticate dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sfuggono alla regola”, riferendosi alle proteste popolari nella fase finale del governo Dilma Rousseff, quando i manifestanti hanno camminato sul tetto del Congresso. “Durante il mio mandato, sono sempre stato all’interno delle quattro linee della Costituzione rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà”, ha scritto in un secondo tweet. “Inoltre, ripudio le accuse, senza prove, che l’attuale capo del potere esecutivo del Brasile mi attribuisce”, ha aggiunto in un terzo. Respingendo le accuse di Luiz Inácio Lula da Silva che lo ha ritenuto responsabile dell’assalto. Nella fase che ora si apre che dovrà portare alla punizione dei colpevoli di quanto è accaduto, sarà probabilmente arduo poter inchiodare Bolsonaro a responsabilità penali, mentre la sua responsabilità politica appare fuori discussione.
I fatti di ieri hanno anche testimoniato la vicinanza da parte di molti leader mondiali a Lula, e il conseguente isolamento di Bolsonaro. I leader di Spagna, Francia, Colombia, Argentina, Cile e Messico, tra gli altri, hanno rapidamente ripudiato l’assalto come un attacco alle istituzioni democratiche. Il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden, Jake Sullivan attraverso il suo account Twitter ha detto che “gli Stati Uniti condannano qualsiasi tentativo di minare la democrazia in Brasile. Il presidente Biden sta seguendo da vicino la situazione e il nostro sostegno alle istituzioni democratiche in Brasile è incrollabile. La democrazia del Brasile non sarà scossa dalla violenza”. Più tardi, Biden, ha aggiunto: “condanno l’assalto alla democrazia e al trasferimento pacifico di potere in Brasile”, ribadendo il suo desiderio di continuare a lavorare con Lula. Mentre nel cuore della notte da Brasilia Lula ha twittato: “Sono stato adesso nel Palazzo di Planalto. I golpisti che hanno promosso la distruzione del patrimonio pubblico a Brasilia stanno per essere identificati e saranno puniti. Domani riprenderemo a lavorare nel Palazzo di Planalto. Democrazia sempre.”
Nel frattempo, un giudice della Corte Suprema del Brasile ha allontanato dal suo incarico il governatore del Distretto Federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, per 90 giorni. La decisione è stata presa dal magistrato del Tribunale supremo Alexandre de Moraes, che ha anche ordinato alle forze di sicurezza dello Stato di operare per liberare qualsiasi tipo di strada o edificio pubblico occupato dai sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro in tutto il paese. Il giudice, che ha risposto a una richiesta degli alleati di Lula, ha affermato che “l’escalation violenta” contro la sede dei tre poteri “è potuta avvenire solo con il consenso, e anche la partecipazione effettiva,” delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence.
De Moraes ha accusato direttamente Rocha, che ore prima si era scusato con il presidente Lula e con la direzione dei poteri legislativo e giudiziario per i gravi eventi avvenuti domenica pomeriggio nella capitale brasiliana. Rocha aveva anche licenziato il suo segretario alla sicurezza, Anderson Torres, che è stato ministro della giustizia negli ultimi due anni del governo Bolsonaro. De Moraes ha ordinato lunedì all’esercito del paese di smantellare tutti i “campi bolsonaristi” che esistono sul territorio nazionale entro 24 ore.