Alle analogie che corrono tra l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro a Donald Trump in campo politico, dove entrambi si riconoscono in una sorta di internazionale della destra che ha una delle sue basi proprio nello stato della Florida, se ne è aggiunta ieri un’altra in quello giudiziario. Se The Donald a marzo era stato incriminato per frode dalla giustizia dello Stato di New York in relazione alla vicenda Stormy Daniels, la pornostar pagata per tacere sulla sua relazione extraconiugale, e successivamente era stato nuovamente incriminato dalla giustizia federale in relazione alla gestione degli archivi della Casa Bianca per il caso dei documenti confidenziali sottratti e portati nella residenza di Mar a Lago, il giudice istruttore del processo aperto dal Tribunale Superiore Elettorale (TSE) del Brasile contro Jair Bolsonaro ha trovato l’ex presidente colpevole di abusi di potere nelle elezioni del 2022 e ha votato martedì scorso per la sua interdizione dai pubblici uffici per otto anni.
La vicenda giudiziaria avviata negli Stati Uniti ha fatto pesare sul capo di Trump ben sette capi di accusa, portando per la prima volta un ex presidente USA a fare i conti con accuse federali di tipo penale. Nel caso fosse giudicato colpevole, Donald Trump vedrebbe impedita la sua ricandidatura alla presidenza degli Stati Uniti le cui elezioni sono fissate il prossimo anno. Analogamente Benedito Gonçalves, il giudice brasiliano per il quale è provato che Bolsonaro ha usato la sua posizione di capo di Stato “per degradare l’atmosfera elettorale”, “incitare uno stato di paranoia collettiva” e fabbricare “teorie della cospirazione” con “informazioni false” e “bugie atroci”, ha fatto il primo passo di un percorso che sarà ripreso giovedì 29 giugno con l’analisi degli altri sei magistrati che compongono la corte elettorale e che definiranno il futuro politico del leader di estrema destra.
Il processo parte da una denuncia del Partito Democratico Laburista e riguarda una riunione convocata da Bolsonaro nella residenza ufficiale della presidenza a Brasilia il 18 luglio 2022, durante la quale di fronte a una cinquantina di ambasciatori ha denigrato gravemente il sistema elettorale e accusato la giustizia di manovrare a favore dell’attuale presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Il procedimento ha avuto inizio giovedì della scorsa settimana con la lettura degli atti, le presentazioni orali dell’accusa e della difesa di Bolsonaro. Al termine, la Procura ha chiesto di condannare l’ex capo di stato e di spogliarlo dei suoi diritti politici.
Nel corso dell’udienza di martedì, Gonçalves ha definito “aberrante” l’intervento di Bolsonaro con il quale l’allora presidente ha versato sospetti infondati sul sistema del voto elettronico in uso in Brasile senza denunce di frode dal 1996. Un discorso che era stato trasmesso in diretta dalla televisione pubblica e dai social di Bolsonaro. “Non è possibile chiudere gli occhi di fronte agli effetti antidemocratici dei discorsi violenti e delle bugie che mettono sotto scacco la credibilità della giustizia elettorale”, ha detto il giudice istruttore, secondo il quale Bolsonaro, sulla base di argomenti “completamente distorti”, “ha flirtato pericolosamente con il “golpismo” e ha cercato di “convincere” i rappresentanti diplomatici che “il suo racconto meritava più fiducia delle informazioni ufficiali del Tribunale Superiore Elettorale”.
In pratica, il giudice istruttore ha fatto propria la tesi dell’accusa, secondo la quale la campagna di Bolsonaro contro il sistema elettorale è stata l’inizio di un movimento che è culminato nel violento assalto dell’8 gennaio scorso ai simboli della democrazia brasiliana. Gonçalves si è espresso anche a favore dell’accettazione come prova nel processo della bozza di un decreto presidenziale che lo scorso gennaio era stato trovato durante una perquisizione nella residenza dell’ex ministro della giustizia Anderson Torres, allora arrestato, per effetto del quale veniva annullata la vittoria di Lula e si manteneva Bolsonaro al potere attraverso un “intervento militare”. Di fatto, il giudice istruttore ha respinto la linea della difesa di Bolsonaro che ha cercato di far passare gli attacchi dell’ex presidente al sistema di voto elettronico come un suo diritto alla libertà di espressione.
In realtà, ha sostenuto Gonçalves, Bolsonaro “ha cercato di convincere la comunità internazionale che le elezioni erano segnate dalla frode sistematica e dall’azione corrotta del TSE, esponendo una falsa immagine della democrazia brasiliana”, nel mentre, con una “negligenza preoccupante”, l’ex presidente ha anche tentato di trasformare il ruolo delle forze armate quando ha cercato, senza successo, di demandare a loro il compito di conteggiare i voti espressi nell’ultima consultazione elettorale in cui Bolsonaro è stato battuto di misura da Lula.
Gonçalves si è invece espresso a favore dell’assoluzione del generale Walter Braga Netto, che correva come vice presidente alle scorse elezioni, poiché “non è stata dimostrata la sua responsabilità” nel caso in questione. Con ciò ritenendo Bolsonaro, che come Trump si dichiara innocente e vittima di una manovra tendente ad impedirgli di ricandidarsi nel 2026, “l’integrale responsabile” dell’evento con gli ambasciatori, sulla base delle testimonianze raccolte nell’indagine, tra cui diverse sono state rilasciate dai ministri a lui più vicini.
Dopo aver governato il Brasile tra provocazioni e scandali, quello che viene chiamato il Donald Trump dei tropici vive i suoi primi mesi di ex sostanzialmente emarginato dalla scena pubblica e nel vortice degli strascichi giudiziari prodotti dal suo operato. Di fatto, in presenza di accuse precise che lo vogliono coinvolgere nelle violenze di gennaio, da quando ha fatto ritorno dal suo lungo soggiorno in Florida il 30 marzo, ha voluto mantenere un profilo basso, probabilmente nel tentativo di allontanare da se il sospetto di aver guidato da lontano la sollevazione dei suoi sostenitori contro la vittoria di Lula. Si è limitato a muoversi dietro le quinte della politica partecipando ad incontri a Brasilia con i membri del Partito Liberale, la formazione maggiore al Congresso, del quale è un militante.
Durante gli anni del suo governo, Bolsonaro ha avuto il sostegno delle influenti ‘lobbies’ delle armi, dell’agro business che lo appoggiava per le sue politiche di sfruttamento della foresta amazzonica, del vasto elettorato evangelico. I suoi critici, d’altra parte, lo hanno accusato di razzismo, sessismo e omofobia, mentre il punto di svolta e l’inizio della sua crisi si deve soprattutto alla sua gestione della pandemia del coronavirus che in Brasile ha lasciato 700.000 morti, un record negativo che colloca il Brasile dopo gli Stati Uniti per i decessi in numeri assoluti.
Oltre a quello in corso in questi giorni, Bolsonaro sta affrontando altre cinque indagini da parte della Corte Suprema, che potrebbero portare alla sua incarcerazione, e dal suo ritorno in patria è stato interrogato tre volte dalla polizia. Questi interrogatori sono legati a un caso di gioielli donati dall’Arabia Saudita, alcuni dei quali sono sospettati di essere stati introdotti illegalmente in Brasile, e anche per presunta falsificazione di certificati di vaccinazione contro il COVID-19. In tutto ciò il governo di Luiz Inácio Lula da Silva, pur essendo direttamente interessato da quanto succede, si mantiene fuori dagli affari del leader di estrema destra e non ha fatto recenti dichiarazioni al riguardo.