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L’ex presidente del Perù Alberto Fujimori è morto in libertà dopo la sentenza che lo scorso dicembre gli ha permesso di lasciare la prigione. ‘El chino’ – il cinese per i suoi tratti orientali – come era conosciuto, è mancato mercoledì nella sua residenza di Lima all’età di 86 anni, dopo “una lunga battaglia contro il cancro”. Tra il 1990 e il 2000 ha governato il Perù con pugno di ferro, riuscendo a dividere il paese come mai era accaduto prima. Ha anche ricevuto molte critiche per aver riformato la Costituzione a suo piacimento. Nel 2000 ha vinto le terze elezioni presidenziali dopo aver modificato la Magna Carta per potersi ricandidare.

Una divisione che sopravvive anche oggi a livello sociale, tra i sostenitori che lo considerano il salvatore del paese dal terrorismo e dal fallimento economico, e i detrattori che lo giudicano un dittatore che si è macchiato di violazione dei diritti umani. I suoi sostenitori lo ammirano per aver sbaragliato i gruppi terroristici Sendero Luminoso e MRTA, e per aver sconfitto l’iperinflazione del 7000% annuo che aveva ereditato dal suo predecessore Alán García.Una situazione che aveva lasciato milioni di peruviani senza lavoro. Nel suo governo ha applicato misure neoliberiste che hanno avuto un effetto immediato, ma che non hanno ridotto la disuguaglianza, privatizzando decine di aziende statali e riducendo le tariffe commerciali. Sotto la sua guida, l’economia del Perù è diventata una delle più stabili della regione.

Nel ’90 si era presentato come candidato antiestablishment facendo la sua campagna elettorale a bordo di un trattore, riuscendo a sconfiggere Mario Vargas Llosa, in seguito Nobel della letteratura. Si era poi fatto rieleggere altre due volte tra le denunce di frode.

Il 5 aprile 1992 Fujimori ha organizzato un autogolpe con il sostegno delle Forze Armate che gli ha permesso di assumere tutti i poteri dello Stato, dopo aver chiuso il Congresso e preso le sedi giudiziarie facendo ricorso ai carri armati militari. In seguito, cedendo alla pressione internazionale, ha convocato una costituente che ha dato vita ad una nuova costituzione nel 1993 che è tuttora in vigore.

Durante il periodo in cui ha governato sono state registrate gravi violazioni dei diritti umani ed ha visto la luce la più grande rete di corruzione della storia peruviana, guidata dal suo consigliere “ombra” Vladimiro Montesinos, che è anche in prigione. Nel settembre del 2000, un video in cui si vedeva Montesinos consegnare denaro a un deputato dell’opposizione, ha costretto El Chino ad annunciare che avrebbe indetto nuove elezioni, alle quali disse che non si sarebbe presentato. Per sottrarsi all’arrestato, due mesi dopo è fuggito dal paese e si è dimesso dalla presidenza inviando un fax inviato dal Giappone, il paese di origine della sua famiglia, dove è rimasto fino al 2005. Tuttavia, il Congresso non ha accettato le dimissioni e ha votato l’impeachment per “incapacità morale permanente”. Un disonore riservato ai leader pazzi o incompetenti.

Giunto in Cile, è stato arrestato ed estradato in Perù nel 2007, e dal 2009 ha scontato la condanna in una prigione d’oro approntata per lui in una struttura della polizia, che gli permetteva di ricevere sostenitori e familiari. La stessa prigione di altri due ex presidenti, Alejandro Toledo, il suo principale oppositore alla fine del suo mandato, e Pedro Castillo.

Nel 2017, l’allora presidente Pedro Pablo Kuczynski lo ha graziato sostenendo che una commissione medica aveva stabilito che soffriva di una “malattia progressiva, degenerativa e incurabile” e che le condizioni carcerarie comportavano un grave rischio per la sua vita. In seguito, si è saputo che l’indulto era stato concesso come scambio con il figlio minore dell’ex presidente, Kenji Fujimori, allora deputato, per evitare il voto che avrebbe potuto destituire Kuczynski per corruzione. Tuttavia, dopo che Kuczynski ha dovuto dimettersi nel 2018 e Kenji è uscito sconfitto nello scontro con la sorella Keiko, vera erede politica del padre, la grazia è stata annullata e Fujimori è stato costretto a tornare in prigione.

Uno dei maggiori successi del suo governo è stata la cattura di Abimael Guzmán, il leader di Sendero Luminoso, morto anche lui lo stesso giorno di tre anni fa a 86 anni. Fujimori, precursore dei politici senza partito che hanno creato un movimento in breve tempo e sono riusciti ad occupare quasi interamente i gangli di uno stato, era stato condannato a 25 anni di carcere per violazione dei diritti umani. In particolare, per due massacri di civili perpetrati da una squadra dell’esercito nell’ambito della lotta contro Sendero Luminoso nei primi anni ’90. A queste accuse si è aggiunta una serie di processi per violazione dei diritti umani durante il suo mandato. Uno riguarda il caso delle sterilizzazioni forzate, che si stima abbia colpito quasi 300.000 persone, la stragrande maggioranza delle quali donne indigene. Con Montesinos, capo del servizio di intelligence, che aveva l’ossessione di spiare ogni personalità del paese, accumulando migliaia di ore di registrazione, Fujimori ha dato vita al Grupo Colina, il distaccamento dell’esercito il cui compito era far sparire gli oppositori sotto le spoglie di operazioni antiterrorismo. Montesinos è stato successivamente catturato in Venezuela e incarcerato, condannato per le prove contenute in questi nastri.

Negli ultimi anni, “el Chino” era stato operato sei volte per una malattia precancerosa alla lingua e ha anche affrontato problemi allo stomaco, alla pressione sanguigna e ai polmoni. A queste malattie si è aggiunto un nuovo tumore maligno che gli è stato diagnosticato lo scorso maggio. Recentemente la figlia Keiko aveva fatto sapere che suo padre era di nuovo pronto a candidarsi alle elezioni del 2026 e a governare fino al 2032.